zambia 4lowMedico-volontario per 1 mese presso l’Ospedale Missionario di Ibenga (Zambia)
(Dott. Sergio S.)
 
Una Domenica dell’autunno del 2016, gironzolando in piena solitudine tra gli stand del Festival Francescano che si teneva Bologna in Piazza Maggiore, la mia attenzione cadde su un avviso in cui si parlava di della possibilità di svolgere un’attività di volontariato in terra di missione.
 
Preciso che, come medico infettivologo, in tempi non recenti, sono stato inviato per brevi  missioni sia come esperto di organismi internazionali, sia come consulente di ONG italiane in alcuni Paesi africani per effettuare ricerche e programmazione sanitaria. Si era comunque sempre trattato di attività non di volontariato.
 
In breve decisi di prendere contatti con fr. Valerio F., Segretario del Centro Provinciale per le Missioni della PISAP, con il quale mi incontrai a Bologna per iniziare un cammino di preparazione alla missione: dopo il primo incontro di presentazione, in cui io avanzai la mia candidatura per una missione in qualità di medico a titolo di volontario, ne seguirono altri, ove furono discusse le motivazioni che mi avevano mosso e si valutarono alcune possibili destinazioni.
 
Dopo alcuni mesi, arrivammo a decidere che il posto giusto poteva essere ad Ibenga, in Zambia: missione seguita dai Frati Minori Conventuali e dalle Suore Francescane Missionarie di Assisi.
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Ai primi di agosto del corrente anno sono partito, decidendo di utilizzare il mio mese di ferie per questa esperienza. Si è trattata di una esperienza umana molto bella e anche se il mio inglese di base non era sicuramente fluente, grazie alla generosa disponibilità del personale dell’ospedale e dei religiosi della missione, ha comunque funzionato. Ciò che mi ha permesso di vivere un’esperienza di volontariato significativa, è stato il rapporto che si è instaurato con le persone, permettendomi di capire rapidamente il ruolo che avrei potuto sviluppare durante il mio soggiorno.
 
Per prima cosa mi sono posto il problema di capire la realtà sanitaria del posto: si tratta di un ospedale di III° livello, ove si pratica una medicina e una chirurgia di base, in una zona periferica di una provincia, il Copperbelt che, grazie alle miniere di rame, è probabilmente tra le più industrializzate dell’Africa a Sud dell’equatore. Ciò non vuol dire che la popolazione risente comunque positivamente di questa potenziale ricchezza. Un tempo questa ricchezza mineraria prendeva le strade dell’Occidente (ricordo che fino al 1964 lo Zambia era una colonia inglese), oggi invece, visto gli accordi politico-economici con la Cina sembra che prende la strada dell’oriente. I cinesi - in compenso - costruiscono in Zambia strade e, la cosa mi ha sconcertato, anche “bellissimi” stadi.
 
Durante il mio soggiorno ho potuto visitare anche la Provincia del Nord-Ovest, recandomi presso la missione di Kalemba. Si è trattato di un viaggio di 12 ore per coprire una distanza di circa 600 km. Ho potuto così toccare con mano una realtà africana molto diversa. Il livello di sviluppo di questa provincia è molto inferiore e la popolazione presenta problemi sanitari enormi. Oltre al problema collegato all’endemia tubercolare, alla diffusione costante dell’AIDS- HIV, sono ancora molto radicati i problemi della denutrizione e dell’analfabetismo. In questa regione la popolazione vive, sparsa sul territorio, prevalentemente in casupole che assomigliano molto a capanne se non in capanne vere e proprie. Le latrine con pozzo nero sono prossime alle case; l’acqua viene estratta mediante pozzi situati nei villaggi che sorgono lungo la strada spesso sterrata. E’ inutile dire che l’acqua può essere facilmente inquinata.
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Le strade sono percorse da camion che trasportano il materiale minerario estratto, creando così lunghe colonne lente che appesantiscono irrimediabilmente il traffico. Lo Zambia è un paese ove l’accelerazione dello sviluppo industriale sta creando enormi problemi dal punto di visto demografico e sociale: la responsabilità è dovuta alle forzate immigrazioni di popolazioni che si spostano dalle aree periferiche sottosviluppate che, in una parola, viene definito localmente il bush. In alcune aggregazioni urbane la modernità è in piena accelerazione, ma ai margini delle città si sopravvive in bidonville; esistono poi altre zone del paese, sicuramente prevalenti, ove le persone conducono la loro esistenza in una prospettiva di pura sussistenza.
 
Tornando alle attività che ho potuto apprezzare presso la missione di Ibenga, mi ha colpito particolarmente il programma che viene sviluppato ormai da anni a favore dei bambini denutriti del compaund di Luanscia, cittadina di riferimento a circa 30 km da Ibenga. In questa attività sono previste visite quotidiane di una nursing accompagnata da una suora. Si tratta dell’assistenza socio-sanitaria svolta in 6 centri ove afferiscono i bambini denutriti. La fascia d’età dei bambini va dall’anno ai 4 anni. Una volta alla settimana ai bambini viene controllato il peso e si stabilisce se lo sviluppo riprende grazie all’implemento della quota alimentare. E’ interessante rilevare che grazie ad un prodotto a base di succo di arachide, prodotto dalle suore di Luanscia - lo Zambia è un grande produttore di arachide-, rapidamente i bambini rifioriscono: se ciò non si verifica è perché la famiglia, dove spesso l’unico punto di riferimento è la mamma, è costituita da un numero elevato di figli, e per questo è impossibile seguire con un minimo di attenzione il bambino sofferente.
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Un’altra attività che mi ha sorpreso  favorevolmente è quella del  lebbrosario di Chibote ove attualmente vivono 19 malati in coabitazione con i loro figli (si tratta di 125 bambini). In questo centro di riabilitazione i malati vengono stimolati positivamente attraverso il lavoro agricolo (produzione di ortaggi), zootecnico (allevamento di maiali e galline) e il laboratorio di falegnameria. Il centro è molto ben organizzato dalle suore, e i malati riacquistano, grazie all’attività lavorativa, una forte gratificazione con la crescita dell’autostima.
 
Al termine di questa rapida nota vorrei ricordare il padre Angelo Panzica e il padre Giuseppe Verdicchio, in Zambia da circa 50 anni: si tratta di due bellissime figure che hanno animato con grande energia lavorativa e fede spirituale le diverse missioni ove hanno operato e nei giorni della mia permanenza mi hanno aiutato a conoscere e vivere più intensamente la mia esperienza di servizio in Zambia.
 
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