In ricordo di Padre ROBERTO CECCARELLI  OFM Conv (Crocetta di Longiano: 25-02-1956 – Longiano: 26-08-2005)
A dieci anni dall' ingresso nella Pasqua eterna del caro p. Roberto, chi l'ha conosciuto e ancora lo sente vivo, desidera ritrovarsi attorno all'altare del Signore per celebrare l'Eucarestia di ringraziamento: Domenica 30 agosto 2015 - ore 18.00 nel Santuario SS.mo Crocifisso di LONGIANO. La celebrazione sarà presieduta dal Ministro Provinciale P. Giovanni Voltan.
E' l'occasione per attingere alla ricchezza della sua anima dalle testimonianze vive di quanti lo hanno conosciuto personalmente.
Riportiamo qui l'articolo che i padri Tarcisio Centis e Salvatore Lenzi hanno inviato per commemorare la figura e l'opera del p. Roberto.

robertoceccarelliNato a Crocetta di Longiano (Forlì), a 10 anni, Roberto entra nel Seminario di Longiano. Dice di aver sentito fin da bambino l’esigenza forte di fare esperienza di Dio, pur legato da grande affetto ai genitori. Vuole diventare santo, ma con la sua esuberanza continua a compiere “marachelle” che gli attirano delle punizioni da parte dei superiori; si sente stretto fra le maglie della disciplina, ed incomincia a rendersi conto che l’ideale che si propone è esigente.

Dagli scritti che ci restano di lui e su di lui, traspare il percorso di un’anima solare: “fratino” a Longiano, postulante a Ferrara, novizio a Padova. Qui avverte il timore di un dualismo fra Movimento dei Focolari, che ha conosciuto e da cui si sente tanto attratto, e l’Ordine Francescano, il suo primo amore, ed è turbato dal dubbio che essi siano incompatibili; teme di tenere “i piedi in due staffe”, ma il Maestro del Noviziato, dissipa i suoi dubbi e lo aiuta a porre Dio al di sopra di tutto.

“Fra Roberto si presenta simpatico, aperto, sorridente; non è difficile entrare in rapporto con lui. Vivace, sensibile verso i bisognosi e i malati. Facile agli entusiasmi. Ha un certo senso critico verso gli altri; pare troppo sicuro di sé. Sente l’esigenza della preghiera, ha compreso abbastanza bene l’ideale di S. Francesco, è contento di mettersi alla sua sequela” (P. Alessandro Brentari, Maestro dei Novizi)

All’interrogativo: ”Quale volto ha l’amore?” trova la stessa risposta, sia in S. Francesco che nella spiritualità di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari: “Il volto di Gesù Crocifisso”, il volto dell’amore supremo, che Roberto vuole fare suo, volendo diventare “un altro Francesco, un altro Gesù”.

Nel 1978 è ad Assisi per gli studi di teologia, dove ha potuto conoscere più intimamente S. Francesco, cercando di leggerne l’esperienza nei suoi luoghi. Una voce interiore ripetutamente gli dice: “Sii Minore, sii Minore!”.

Coltiva il sogno di partire missionario, magari per l’Indonesia, dove la Provincia Religiosa  sta operando da un decennio, e confida questo suo sogno al P. Provinciale; ma per lui le porte della missione rimangono chiuse.

Nel 1981 ha un presentimento: sente che deve passare attraverso la croce. Non ne conosce né dimensioni né profondità; sa però che poi ci sarà la Risurrezione. Fra Roberto vive una tensione spirituale così intensa da ammalarsi; ma si fida di Dio. Come programma da vivere, Chiara Lubich, con cui intrattiene una continua corrispondenza, gli consegna una Parola di Vita: “Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili sono eterne” (1 Cor. 4, 18). Diventa per lui una bussola.

Nella sua intensa attività pastorale in parrocchia a Faenza, P. Roberto avverte forte il richiamo della preghiera, il valore del silenzio, il bisogno di fermarsi solo con Dio. E sperimenta spesso in cuore tanta gioia da non riuscire a dormire di notte! (P. Tarcisio Centis, Superiore della stessa Comunità)

Nel 1985, p. Roberto è di nuovo a Longiano, al convento del SS.mo Crocifisso, incaricato dell’animazione vocazionale, che conduce per 16 anni. “Quasi tutti i nostri giovani sono stati aiutati da lui a fare il discernimento e la scelta vocazionale. Ma anche tante anime di consacrati negli Istituti maschili e femminili, e ancora molte coppie di sposi devono al suo ministero il riconoscimento e la scelta della loro via” (P. Antonio Renzini, Ministro Provinciale).

Accorrono a lui decine di giovani: per avvicinarli a Dio P. Roberto usa anche la musica, che coltiva con entusiasmo, e che sente come potente mezzo per aiutare i giovani ad elevarsi e pregare.

P. Roberto ha il senso dell’umorismo, anzi è l’anima del buon umore in convento, pur mantenendo l’unione con Dio. Sorride come sorride chi è felice, e sorriderà anche quando le forze verranno meno perché sarà tutto in Dio.

Nel 1996 P. Roberto celebra il 20° di professione. Ripete a Gesù Crocifisso: “Sei tu l’unico mio bene, con Maria Desolata”; si sente immerso in un’esperienza mistica, a cui accenna fugacemente.

Nel 2001 è chiamato ad Assisi come animatore vocazionale per tutta l’ Italia.

E qui si apre ora l’ultimo capitolo della sua esistenza terrena, con la malattia che non perdona. Dio chiede l’olocausto, ed è ancora SI’. Negli ultimi due anni e mezzo, fa un salto di qualità: pur sperando e cercando la guarigione, vive ogni attimo come se fosse l’ultimo.

Qui di seguito diversi stralci dal suo diario e dalla testimonianza del suo medico, che ha seguito tutto il percorso della malattia fino alla fine:

“In Assisi P. Roberto ebbe notizia della diagnosi di tumore. Dopo un lungo silenzio, fissando profondamente l’orizzonte, ebbe l’intuizione che qualcosa di grande e misterioso stava iniziando, qualcosa che lo avrebbe cambiato per sempre. Allora disse: “Vediamo che cosa ci prepara il Signore”. Iniziò il suo percorso di malattia con tante domande, stupore, paura, ma sempre con la disponibilità, a volte conquistata faticosamente, ad accogliere il disegno di Dio, a lasciarsi fare.

P. Roberto ha sempre cercato il “perché” di quello che viveva, un po’ per la sua naturale curiosità di conoscere, di capire, ma anche per poter essere pronto ad accogliere e ridonare pienamente ciò che gli veniva dato. Voleva conoscere tutto su questo “ospite”, il cancro, che nasceva dal suo corpo e che lo “occupava”, lo cambiava. Si fece promettere da tutti che gli sarebbe stata detta sempre la verità senza sconti” (medico).

Nell’Ottobre 2002, la diagnosi di carcinoma intestinale. “Ho ascoltato la mia condanna a morte che, abbracciata con Gesù e in Gesù, è per la vita, è già Vita”. “Dico il sì a questa nuova volontà di Dio, offro tutto” (diario).

L’11 agosto 2004, a La Verna, consapevole della gravità della sua malattia, scrive: “Dio sta lavorando il sasso duro della mia anima”. Vive in Gesù Crocifisso, sospeso fra cielo e terra, ed è nel Risorto, nella gioia, nella pace, nell’amore oblativo. Recita il Rosario fra le braccia di Maria. Scrive: “Il Paradiso è più vicino”! “Ogni momento è un dono”!

Il 10 gennaio 2005 legge nel Vangelo: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi”. Anche per lui il tempo si sta per compiere, e dice: “Gesù ti seguo per questa strada che hai preparato per me”.

Pensa che questo è l’ultimo suo anno sulla terra… Scendono le lacrime: ha 48 anni e ha avuto una vita tanto ricca, intensa… Tende le braccia al Padre: “Eccomi!”. Vorrebbe scrivere tanto su questa sua esperienza esistenziale, ma non ce la fa… Affida tutto a Dio.

Nell’aprile 2005 annota nel diario che tanti pregano per lui nei vari santuari e gli inviano cartoline, ma egli vuole vivere la vita del Risorto, nella certezza che “di là” sarà tutto più bello!” Sente di doversi preparare alla morte e si chiede come fare, dandosi queste risposte:

-        Fare bene quello che riesce e gli è richiesto dalle circostanze, ossia vivere bene l’attimo presente con il più grande amore possibile.

-        Offrire continuamente la propria vita per “l’alto ministero del Papa”, ricordando la gioia profonda e la commozione provata alla sua elezione “per una componente di fede e comunione soprannaturale”.

-        Celebrare l’Eucaristia e ringraziare Dio per il dono della sua famiglia, per la quale sente profonda gratitudine: un giorno la ritroverà in Paradiso!

-        Darsi in cibo è donarsi fino a dissolversi per amore dell’altro e solo così ci si realizza… Si deve amare fino alla morte. Ecco che cosa mi sto preparando a fare della mia malattia e della mia morte: la prova suprema dell’amore.” E si ripete: “Coraggio, Roberto, Gesù ha bisogno di te!” (diario).

-        Non credevo che il dolore potesse essere tanto fecondo! Lo sto sperimentando: prima lo credevo soltanto! Fin da piccolo ero attratto dall’esperienza dei santi che hanno vissuto la croce come un momento di fecondità… Ora so cosa significa!” (diario).

E tante persone “fanno la fila” per stare un momento con lui… P. Roberto sente di essere poverissimo come S. Francesco a La Verna, e di poter dire in verità: “MIO DIO E MIO TUTTO”.

“Anche nella malattia i suoi occhi erano luminosi e spesso lo si sentiva dire: “Grazie, mio Dio, grazie per tutto”. A chi gli chiedeva come facesse ad essere tanto sereno, confidava: “Adoro la volontà di Dio dell’attimo presente”.

“Il dono di sé lo visse anche accogliendo tutti nella sua stanza, per una parola, un colloquio, un consiglio. Avrebbe voluto poter risolvere tante cose, aiutare, ma non aveva più forze e non c’era più tempo… Sospirava dicendo: “Beh, ci penserà il Signore,  farà Lui”.

Un giorno mi chiese come sarebbe avvenuta la sua morte. Ne parlammo, ma egli andò oltre, e parlò del Paradiso, di come sarebbe stato bello. I suoi occhi si illuminarono e lo sguardo si aprì con un sorriso luminoso, in cui splendeva la sua fede “provata nel crogiuolo” (medico).

       P. Roberto prepara il suo funerale, scegliendo i testi e i canti, facendo per ognuno di essi un’introduzione: li desidera tali che rispecchino il suo sentire, il percorso della sua vita e il suo “essere davanti al passaggio”, e soprattutto perché la celebrazione eucaristica esprima chiaramente che, se il suo corpo è morto, egli invece è più vivo di prima. Ad alcuni amici dice: “Se ci saranno poche persone sarà un funerale, ma se ce ne saranno tante, sarà una festa!”

Scrivendo per l’ultima volta a Chiara Lubich, P. Roberto aveva affermato: “Sono felice, non mi manca nulla… Grazie per tutto e specialmente per l’Ideale dell’unità, che rende la malattia e la morte piene di significato. Che si può volere di più?” 

“Una delle ultime sere, al culmine della sofferenza e della fatica, scoppiò in pianto. Pensavo fosse angosciato, ma fra le lacrime disse: “Non piango perché sono triste, ma perché non pensavo che Gesù mi amasse tanto, non pensavo di poter essere amato così”. La notte che precedette il giorno della morte gli dissi che probabilmente non sarebbero mancate molte ore al suo passaggio, e gli chiesi se aveva paura: il suo volto si aprì a un sorriso pieno di desiderio, e disse:“No, non ho paura, sono pronto, vado a preparavi un posto!” Come dice Liliana Cavani nel suo film:“L’Amore l’aveva reso simile all’Amato” (medico).

“P. Roberto aveva intuito il francescanesimo delle origini riscoprendolo nella sua vena più pura anche grazie alla spiritualità del Focolare, come adesione a Gesù: vivere Gesù, il Vangelo, in una fraternità come quella che egli ha vissuto” (P. Mauro Gambetti, Superiore del Convento di Longiano).

Il 26 agosto 2005 P. Roberto va in Cielo. Il funerale è stato una festa! Davvero una grande festa con la presenza dei familiari, dei confratelli, di tanti amici, di innumerevoli giovani, i suoi amati giovani, e con i canti che lui stesso aveva scelto!

A lode e gloria del Signore.

P. Tarcisio Centis  –  P. Salvatore Lenzi
 
© 2024 Provincia Italiana di S.Antonio di Padova | Privacy & Cookies

Area riservata