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Festeggia il 50° di provessione religiosa.
Articolo de "La Difesa del Popolo", 13/10/2013
 
Per anni, a Roncaglia, lo hanno visto solo nel mese di luglio, mentre trascorreva alcuni giorni di ferie a casa dei parenti e concelebrava con il parroco. Impossibile per i parrocchiani di san Basilio non pronunciare il nome di padre Adriano Zorzi, nativo dell'attuale via Buonarroti, senza un pizzico d'orgoglio. Perché lui non è solo il "frate del Santo" di Roncaglia, ma è il frate del Santo che ha avuto l'onore di percorrere a ritroso il cammino di sant'Antonio, arrivando a esercitare il suo ministero nella città di Coimbra, nella comunità di Santo Antonio dos Ojvais: il luogo esatto dove il sacerdote agostiniano Fernando Martins, originario di Lisbona, si spogliò delle vesti del suo ordine per abbracciare il saio francescano. Ed ora, proprio 'la comunità di Roncaglia, domenica 13 ottobre alla messa delle 11.15, festeggerà i 50 anni di professione di padre Adriano, diventato religioso il 25 settembre 1963.
 
Incontriamo padre Adriano, 67 anni, in una stanzina del convento di sant'Antonio. Dopo quarant'anni tra Spagna e Portogallo, nel 2012 è tornato a Padova, chiamato dai frati della Basilica per accogliere, confessare e benedire i sempre più numerosi pellegrini di lingua spagnola e portoghese.
 
"All'origine della mia vocazione c'è un missionario, padre Francesco Faldani, appena espulso dalla Cina di Mao. Venne a scuola per parlarci. Poi, dato che la vita da frate mi attirava, ha voluto incontrarmi a casa: ricordo ancora che venne a bordo di una moto Guzzi Galletto e che mi invitò a un camposcuola in montagna». Non erano tempi facili per la famiglia Zorzi: il padre, con cinque figli, la moglie e la nonna a carico era un reduce della guerra di Russia che alternava il lavoro da muratore a periodi di disoccupazione: "Fu don Angelo Scapin, allora parroco di Roncaglia, con l'aiuto di qualche benefattore, a pagarmi la retta del seminario a Camposampiero».
 
Dopo l'ordinazione sacerdotale, nel 1972, padre Adriano venne inviato dai superiori in Spagna: per tredici anni diresse il seminario minore di Elizondo, nella regione pirenaica della Navarra, poi, dopo che il calo delle vocazioni ne decretò la chiusura, venne spostato alla periferia di Pamplona, dove rimase altri dieci anni. "Era un ambiente difficile in tempi difficili - confida - c'erano il separatismo, gli attentati dell 'Eta. La politica si sentiva davvero. Ma per la chiesa, quelli erano anni di vitalità e movimento: s'iniziava ad applicare il concilio Vaticano Il, ma si percepivano con forza le influenze della teologia della liberazione e delle comunità di base».
 
Infine, nel 1995, il Portogallo: Coimbra. "Santo Antonio dos Olivais è una parrocchia immensa, di 15 mila anime. Subito ho scoperto le affinità con questa gente, che mai mi ha accolto come straniero». Una terra in cui la devozione per il Santo dei miracoli non conosce tiepidezze: "In ogni chiesa del Portogallo, accanto al crocifisso e alla statua della Madonna, non manca mai un'immagine di sant'Antonio. I portoghesi sono tatti così: si battono una mano sul petto ed esclamano "Santo Antonio è nosso", sant'Antonio è nostro». Padre Adriano ci scherza sopra: "Leone XIII, per calmare gli animi, affermò che il Santo non è né di Padova né di Lisbona, ma di tutto il mondo».
 
Sempre a Coimbra, dal '2000 al 2012 assiste i malati di tumore dell'Istituto portoghese di oncologia, dove affluiscono tutti i malati del Portogallo centrale: "Passavo molte ore al giorno con loro, visitando, àccompagnando, pregando. Il rischio è quello di venirne travolti, portando il loro carico di angoscia e preoccupazione anche al di fuori delle mura dell'ospedale». Adesso, a Padova dopo quarant'anni, può stare più a contatto con la sua comunità d'origine: "Quando voglio, prendo la bicicletta e in dieci minuti sono a casa». Sorride, come a volersi gustare il sapore di quell'ultima parola: casa.

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