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Riportiamo per intero l'Omelia del Ministro Provinciale fr. Giovanni Voltan per la celebrazione eucaristica 
insieme e per tutti i frati che festeggiano quest'anno i traguardi (25°, 50°, 60°...) della loro vita religiosa o sacerdotale. Le foto della gioiosa circostanza sono in fondo alla pagina o a questo link.
I nomi dei frati festeggiati e il programma della giornata li trovate a questo post precedente.


Arcella, giovedì 14 maggio 2015, festa di san Mattia Apostolo, Giubilei della Provincia

giubilei2015bCari confratelli,
è bello trovarci qui per questo lieto giorno dei Giubilei di professione religiosa e di ordinazione sacerdotale; è bello celebrarlo anche con due Sorelle Terziarie Francescane Elisabettine della Comunità dell’Istituto “Elisabetta Vendramini” che è presente qui all’Arcella e vive una positiva collaborazione con i frati. Le due sorelle festeggiate si chiamano entrambe Antonia e festeggiano 50 e 60 anni di professione religiosa.

Credo che non si poteva per questo giorno avere vangelo più appropriato, quello del “comandamento nuovo” (Gv 15), sul quale abbiamo meditato proprio domenica scorsa: invito a radicarci-rimanere nell’amore di Gesù per poter, a nostra volta, amare i fratelli.

Con voi vorrei però soffermarmi su un grande “dimenticato”: l’Anno della VC (ora in “concorrenza” con prossimi eventi quali  il Sinodo della Famiglia e il Giubileo della Misericordia, per non parlare del Convegno della Chiesa Italiana a Firenze).

Vorrei, -un po’ come ho cercato di fare nel febbraio scorso nella lettera alla Provincia in occasione della Quaresima-, riprendere alcuni nuclei della provocante Lettera ai Consacrati inviata da Papa Francesco proprio per questo particolare Anno della VC.

Il Papa delinea anzitutto i tre obiettivi dell’Anno, ormai più che noti: fare memoria grata del passato, vivere con passione il presente e guardare con speranza il futuro. Possono sembrare degli slogan che ormai non “graffiano” più, in realtà vi è l’invito a porre nel Signore la nostra vita. Infatti se guardiamo ai nostri “trend” (calo di vocazioni, invecchiamento…), a fratelli cari che proprio di recente ci hanno lasciato in un’eta in cui potevano donare ancora molto (penso ai preziosi fr. Bruno Pesenti e fr. Angelo Tironi), alle proiezioni future, alle situazioni oggettive di bisogno se non addirittura di emergenza, può prenderci umanamente un sentimento di paura, una sorta di depressione. Idem se il nostro sguardo va alla società in cui viviamo: i giovani non si sposano più, nascono pochi bambini, cresce l’indifferenza religiosa… Il Papa ci rincuora ricordandoci che “la speranza non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia” e per il quale nulla è impossibile. “Non cedete alla tentazione dei numeri e meno ancora al confidare nelle proprie forze”. Guardiamo allora a Lui, rinnovando, con la professione della fede, il canto della speranza e lo sguardo sapienziale e contemplativo.

Proseguendo nella lettera il Papa delinea alcune attese che nutre per la VC, “luoghi” nei quali si attende ci sia la VC.

-Il primo è la gioia: “dove ci sono i religiosi c’è gioia. …Siamo chiamati a sperimentare e mostrare che Dio è capace di colmare il nostro cuore e di renderci felici, senza bisogno di cercare altrove la nostra felicità; che l’autentica fraternità vissuta nelle nostre comunità alimenta la nostra gioia; che il nostro dono totale nel servizio della Chiesa, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei poveri ci realizza come persone e da pienezza alla nostra vita”…”Che tra noi non si vedano volti tristi, persone scontente ed insoddisfatte perché una sequela triste è una triste sequela”. Evidentemente questo non significa che la nostra vita non incontri fatiche, difficoltà, malattie, declino delle forze dovuto alla vecchiaia, ma proprio in questo, -scrive il Papa-, dovremmo trovare la “perfetta letizia” e la conformità con Gesù che non ha ricusato la croce, testimoniando, in una società che ha il culto dell’efficientismo, del salutismo, del successo e marginalizza i poveri, la verità delle parole della Scrittura: “Quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10).

Ecco la testimonianza che le nostre comunità son chiamate a dare, ad ogni età e stagione di vita: la gioia, che francescanamente potremmo chiamare letizia: “i giovani che ci incontrano si sentono attratti  se ci vedono uomini e donne felici”, se in noi traspare la gioia e la bellezza di vivere il Vangelo di Cristo.

Cari frati, sentiamo quanto forte è questa provocazione del Papa per noi: anzitutto la gioia, la letizia c’è già, può esserci già, nelle nostre fraternità senza bisogno di cercarla altrove, se il Vangelo e il ministero appassiona le nostre vite (senza dire: “io oggi ho già fatto le mie ore, io ho già dato, non tocca a me,…”). Senza dimenticare che la prima testimonianza -anche vocazionale- è una fraternità che vive con convinzione la sequela e la vita fraterna.

-La seconda attesa del Papa è la profezia che lui coniuga spesso con il verbo “svegliare”: “mi attendo che svegliate il mondo”. Come svegliare il mondo? Il Papa vede nella radicalità evangelica, chiesta a tutti i battezzati, ma in particolare ai religiosi che seguono il Signore in modo speciale, la concretizzazione della profezia evangelica. “Il profeta riceva da Dio la capacità di scrutare la storia nella quale vive e di interpretare gli avvenimenti,…conosce Dio e conosce gli uomini e le donne suoi fratelli e sorelle. È capace di discernimento e anche di denunciare il male del peccato e le ingiustizie, perché è libero…non ha altri interessi che quelli di Dio…Sta abitualmente dalla parte dei poveri e degli indifesi”.

Vi confesso che c’è come un brivido di paura che avverto quando sento che la VC, la nostra vita, dev’essere profetica, forse perché un po’ mi conosco, perché vedo certi standard di vita che conduciamo. Abbiamo spesso quanto la gente non ha, se dobbiamo fare una visita medica molte volte passiamo davanti agli altri, abbiamo esenzioni varie…Eppure, vale il discorso fatto per la letizia: c’è possibilità di essere profeti, come ci vuole il Papa, se viviamo la sobrietà anche materiale, se non accampiamo pretese, se viviamo l’accoglienza reciproca e con gli altri, se il vangelo è più importante del nostro “star bene” come singoli e come comunità. Mostreremo così una sapienza di vita che testimonia l’essenziale per noi e l’attenzione alla vita degli altri del mondo, contenti di non avere amici potenti, ma di essere accoglienti con tutti, liberi di annunciare  il vangelo.

giubilei2015d-La terza attesa indicata dal Papa riguarda la comunione, con la grande sfida di essere “esperti di comunione”: “fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione”. Come francescani percepiamo fortemente che qui ci giochiamo moltissimo del nostro carisma che ha nella fraternità in nome della sequela Christi uno dei suoi capisaldi. Sappiamo per esperienza che, aldilà di ogni idea romantica, la vita fraterna è dono dall’alto ed impegno costante: stare assieme in modo adulto a persone che chiamiamo fratello, sorella, persone che non abbiamo scelto ma ci sono state donate, perché tutti depositari della medesima vocazione: seguire e servire il Signor Gesù sulle orme di san Francesco.

Come Provincia veniamo dalla bontà delle recenti “settimane formative” di Camposampiero (gennaio 2015) che hanno messo al centro il tema della fraternità. Il titolo di quei giorni, “Vita fraterna. La forza di un segno fragile”, ci ricorda il bisogno costante di coltivare questo dono “sapendo che la realtà effettiva del nostro vissuto fraterno spesso ci interpella non a motivo di esiti particolarmente luminosi e maturi, bensì constatando gli aspetti più contradditori ed opachi, segnati dalla fragilità” (dal depliant delle “settimane formative” 2015).

Come alimentare, far crescere la nostra vita fraterna? Anche chiedendoci-dicendoci spesso chi siamo e cosa vogliamo fare noi-ora-qui in questo luogo: ecco il senso dei Progetti Comunitari di ogni fraternità. Ricordo anche il titolo dei cinque laboratori delle “settimane formative” che stanno a dirci ambiti nei quali siamo chiamati a camminare: ascolto e comunicazione, conflitto e riconciliazione, discernimento spirituale e decisione, correzione fraterna e verifica comunitaria, autorità e corresponsabilità. Ci sta aiutando anche il lavoro richiestoci dall’Ordine sulle Costituzioni. Eppoi sicuramente tanti altri stimoli e mezzi che possiamo darci, alla luce dell’esperienza e del discernimento. Obiettivo è pure il non ridurci ad essere convivenze di persone che si dicono religiose e fanno anche cose sante, bensì fraternità di frati che hanno scelto di seguire il Signore da fratelli.

-La quarta ed ultima attesa che il Papa ci addita nella sua Lettera è l’andare verso le “periferie esistenziali” in atteggiamento di “uscita”: “c’è un’umanità intera che aspetta…persone che hanno perduto ogni speranza, famiglie in difficoltà, giovani cui è precluso il futuro, ammalati e vecchi abbandonati. Non ripiegatevi su voi stessi, non lasciatevi asfissiare dalle piccole beghe di casa, non rimanete prigionieri dei vostri problemi. Questi si risolveranno se andrete fuori ad aiutare gli altri a risolvere i loro problemi ed annunciare la buona novella. Troverete vita dando la vita, la speranza dando speranza, l’amore amando. Aspetto da voi gesti concreti di accoglienza”.

Non commento perché quanto dice Papa Francesco è chiarissimo e sappiamo bene che non ci siamo fatti frati-suore per noi stessi. Chiediamo al Signore il fuoco del suo amore, la passione del suo “comandamento nuovo” che sta in quel  come io: come io vi ho amato, amatevi gli uni gli altri. Non trattenere per te la tua vita, non riprenderti quanto un giorno hai donato con slancio perchè “Dio ama chi dona con gioia” (cf. S. Paolo), perchè esempi di santità e testimonianza attorno a te non mancano!

Incalza ancora Papa Francesco: ”Soltanto in quest’attenzione ai bisogni del mondo (pensiamo ora ai profughi, ndr) e nella docilità agli impulsi dello Spirito quest’Anno della VC si trasformerà in autentico kairòs, tempo di Dio ricco di grazie e trasformazione”.

P. Luciano Bertazzo nella sua bella relazione sui pp. Scapin Pietro e Squarise Cristoforo, commemorati lo scorso 8 maggio all’Istituto Teologico S. Antonio Dottore, rispettivamente a 30 e 20 anni dalla loro dipartita, s’introduceva con una frase di Bertold Brecht: “Fortunato il popolo  che non ha bisogno di eroi”. E aggiungeva p. Luciano: “Di eroi no, ma si testimoni sì”. E così delineava il volto e l’opera dei frati citati. Potremmo estenderlo a noi: “Fortunata quella Provincia che non ha eroi, campioni, …ma testimoni umili e convinti del Signore, lieti di seguire e servire con generosità il Signore vivendo da fratelli”.

Grazie allora cari fratelli e sorelle che con i vostri giubilei di professione religiosa e di ordinazione sacerdotale ci siete testimoni della fedeltà come dono del Signore e risposta vostra, ci siete testimoni di tanto bene che il Signore ha compiuto e vuole ancora compiere attraverso di voi, i vostri doni e quanto gli mettete a disposizione.

A voi e a noi tutti una dedica particolare e preziosa, attinta dal vangelo di quest’oggi: voi non siete più servi, ma amici…non voi avete scelto Lui, ma Egli vi ha scelti e vi ha costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (cf. Gv 15).

Rinnovo a fr. Fernando e alla comunità dell’Arcella che oggi ci ospita il grazie per la fraterna accoglienza.

In questo luogo di grazia ci affidiamo al nostro caro Sant’Antonio, -discepolo fedele e creativo di san Francesco-, patrono della nostra Fraternità provinciale che qui rese l’anima al Signore dopo essersi dato tutto ai fratelli in nome del vangelo. Che la vita di ciascuno di noi, nonostante i nostri limiti e peccati,  sia donata nella totalità e in letizia a Colui che per primo ci ha amati e ha dato se stesso per noi.

                                                                                                                                                                                         fr. Gv
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L'Album con tutte le foto dei Giubilei è a questa pagina. Qui sotto lo slideshow:
 
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