Fr. Tullio Pastorelli, missionario in Cile, è andato a Copiapò dopo la tragica alluvione che l'ha colpita e ci ora manda la sua testimonianza.
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Curicó, 19 aprile 2015

Cari familiari, frati, amici, e gruppi missionari come state? Spero bene!
Vengo a voi in questo tempo pasquale per dirvi in primo luogo che vi ricordo con affetto tutti e vi presento, nelle mie preghiere, al Cristo vivo e risorto in mezzo a noi.

Oggi Gesù nel Vangelo ricorda che noi siamo testimoni del risorto. Essere testimoni significa, come ci afferma il papa Francesco, annunciare a tutti che noi abbiamo sperimentato la Sua pace e la Sua allegria nella nostra vita. Dire a tutti che abbiamo visto la sua presenza nella nostra storia. Essere testimoni significa ricordare le meraviglie che ha compiuto nella nostra esistenza, ricordare che nei momenti difficili Lui era lí con noi, che ci abbracciava e ci dava coraggio, forza, energia e vita. Essere testimoni significa poi proclamare a tutto il mondo - in parole ed opere - che tutto quello che abbiamo visto, ricordato è fonte di pace, gioia e serenità.

É molto bello, e mi riempie il cuore di speranza essere un testimone della resurrezione del Signore. É vero che a volte tutto questo si offusca e si perde dentro il mare della mia debolezza, della mia incostanza e della mia poca fede, comunque nonostante questo desidero gridare a tutti che il Signore è la mia pace e speranza.
In secondo luogo desidero condividere con voi l'esperienza fatta all'inizio della settimana scorsa a Copiapó. Non so se tutti sono a conoscenza della catastrofica alluvione che ha colpito la regione di Atacama il 25 marzo scorso (mi sembra che i mezzi di comunicazione italiani abbiano parlato ben poco o nulla della calamità). In poche parole, nel deserto sono bastati due giorni di pioggia per causare un vero disastro. Il Rio Copiapó che da anni era secco all'improvviso, a causa della pioggia caduta anche in alta montagna, è diventato un mare di acqua, fango, detriti..., che scendevano dalla cordigliera con una forza impressionante per arrivare fino all'oceano, travolgendo tutto quello che incontravano nel loro cammino. Tutti i paesini limitrofi al rio sono stati colpiti (San Antonio, Los Loros, Tierra Marilla, Paipote, Copiapó, San Pedro, ...), diversi sono i morti, molti i dispersi e le umili case, le piccole chiese, le semplici cappelle, le scuole..., tutto dove é arrivata l'acqua e il fango hanno avuto danni ingenti: pensate solo a una città come Copiapó senza fognature (che problema e che odore...).

Con p. Maurizio abbiamo desiderato stare con i frati di Copiapó per vivere con loro la fraternità, dando un po' di speranza di aiuto e di conforto. Poi personalmente ho visitato alcune famiglie amiche che sono state colpite dal cataclisma, per ascoltare la loro esperienza dolorosa di quei giorni (pensate che alcune persone ed anche anziani, sono rimaste per delle ore sul tetto della casa aspettando aiuti e di essere ospitati in un rifugio). Ho anche avuto la possibilità di dare una mano concreta nel pulire la casa della signora Uberlinda (un vero disastro, 60 centimetri di fango in tutti i luoghi della sua umile abitazione).

In questi tre giorni mi sono reso conto come sia sempre importante - e ancor più nei momenti difficili della vita - sincronizzare mente, cuore e mani. Ho tentato di capire con la mente il perché di tutto questo: gli esperti dicono che era prevista la pioggia nella Cordigliera e che era anche prevista l'alluvione, ma per una mala informazione o per non aver informato la gente non si è preparata l'emergenza. Ad aggiungersi alla catastrofe metereologica si aggiunge la contaminazione e l'inquinamento che lasciano le miniere negli scarti che eliminano nel deserto e che l'acqua ha portato a valle nel fango e nella melma, un vero danno irreparabile per uomo e per la creazione.

Indipendentemente a tutto questo con i frati abbiamo pensato ad una maniera intelligente di aiutaretullio1 varie famiglie della nostra parrocchia colpite dal disastro, ed i mezzi immaginati sono un campo lavoro, una missione estiva, saper canalizzare gli aiuti e comprare tavole, sedie, frigoriferi, letti.
É importante poi saper accordare il cuore con i più deboli e sfortunati, con chi vive spesso dimenticato dalla nostra società, perché ai margini o perché non produce. Che bene che fa regalare un abbraccio, un sorriso a chi tiene la testa bassa e non ha il coraggio di alzarla perché gli occhi sono rossi dalle lacrime. Che bello stare seduto fuori sulla strada accanto alla casa mezza in rovina piena di fango e terra e bersi una tazza di te, passandosi la bustina del te uno con l'altro. Che bene che fa condividere le varie storie successe in quei giorni di pioggia e di dolore, di come hanno incontrato un rifugio, di come i vicini si sono organizzati per dare ospitalità a gente che aveva perso tutto...

Infine fa bene anche accordare le mani con altre mani che lavorano per poter ritornare in poco tempo alla normalità (non si sa quando, forse tra un anno...). Mi è piaciuto condividere tempo, energia e forza con la signora Ubermelinda, con suo fratello, con un amico di famiglia e con alcuni giovani che aiutavano a togliere il fango dalla sua casa. Mi ha fatto bene al cuore sudare e sentire i giorni seguenti il mal di schiena a causa della tante carriole di fango caricate e trasportate nella strada. Mi sono sentito uno di loro e ho condiviso la loro situazione precaria e difficile.
La visita fatta ai fratelli di Copiapó l'ho realizzatati nel tempo pasquale che stiamo vivendo, anche questo mi ha fatto pensare. Mi dicevo: il Risorto mi invita a testimoniare la pace e la gioia e come posso vivere l'allegria e la pace in mezzo a questo disastro? Dopo i primi attimi di smarrimento e di tristezza nel vedere un gran disastro mi sono venute alla mente le parole del testamento di san Francesco dove dice: quello che sentivo come amaro e doloroso si é trasformato il dolcezza d'animo e di corpo. Una vera occasione per dare testimonianza con la mente, il cuore e le mani che Cristo è vivo e presente in mezzo a noi. Mi sono reso conto anche che non ero solo nel dare consolazione, aiuto e conforto: tanta gente della città di Copiapó, tanti cileni, tanti volontari che con entusiasmo mettevano a disposizione il loro tempo, energia, capacità, casa, alimenti... e mi son detto tutto questo è un segno visibile del bene che sale del cuore dell'uomo, gesti concreti di amore, solidarietà, generosità, tutto dice il Signore è risorto e vive in mezzo a noi!

Un saluto a tutti voi cari amici un abbraccio un ricordo nelle mie preghiere e
paz y bien
fr. Tullio


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